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Sessualità e pregiudizi: l’omofobia interiorizzata

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Sessualità e pregiudizi: l’omofobia interiorizzata

Nel mio lavoro ho modo di verificare di continuo quanto le convinzioni sotterranee, quelle di cui non parliamo mai perché sono state acquisite come scontate, producano effetti a lungo termine molto forti.

Un esempio riguarda la sessualità, terreno fertilissimo per tabù e stereotipi. È facile che sappiamo tutti, date le discussioni attualissimo sul ddl Zan, cosa sia l’omo-lesbo-bi-transfobia; vediamo tuttavia la definizione data sul Trattato di Sessuologia medica:

Omofobia è il termine tipicamente usato per descrivere l’ostilità e il pregiudizio verso gli individui omosessuali e il loro comportamento e si riferisce a reazioni estreme concettualizzabili e misurabili come fobiche in natura, ma che non rappresentano una fobia in senso clinico e sono il frutto dell’interiorizzazione di valori culturali.

Cosa significa invece quando l’omofobia è interiorizzata da una persona omosessuale? In poche parole, significa che la persona stessa che è ad esempio bisessuale, ha interiorizzato la convinzione che essere bissessuali sia sbagliato, e possa non esserne del tutto consapevole, o non esserlo affatto. Ripredendo ancora la definizione del Trattato di Sessuologia Medica, si tratta di:

…quell’insieme di sentimenti negativi (ansia, disprezzo, avversione, ma anche solo disagio) che i gay e le lesbiche provano a proposito dell’omosessualità propria e altrui.

L’ordine degli Psicologi della Lombardia propone questa definizione:

L’insieme di sentimenti e atteggiamenti negativi (dal disagio al disprezzo) che una persona può provare più o meno consapevolmente nei confronti della propria omosessualità (o bisessualità), fino al punto di nutrire sentimenti negativi verso le persone LGB in generale. Nell’omofobia interiorizzata svolgono un ruolo centrale l’interiorizzazione di stereotipi negativi e dello stigma sociale nei confronti delle persone non eterosessuali, che possono portare ad una non accettazione o a un non riconoscimento del proprio orientamento sessuale, con effetti diretti sulla costruzione della propria identità sessuale e della propria identità di orientamento sessuale.

E quindi?

Porto un esempio in cui l’omofobia interiorizzata ha un ruolo molto importante, inserendosi all’interno di una struttura ossessiva compulsiva. Un ragazzo giovane, con disturbo ossessivo – compulsivo, presenta una peculiare difficoltà ad approcciarsi ai rapporti sessuali, pervasi prima da preoccupazioni eccessive e sproporzionate di contrarre infezioni sessualmente trasmissibili, e poi da un terribile disgusto per l’atto appena concluso, che fa sì che questo ragazzo senta il bisogno di allontanare immediatamente il partner, e difficilmente desideri rivederlo.

Il tema portato in prima battuta è quello delle malattie sessualmente trasmissibili; vediamo tuttavia dopo una prima indagine che il problema si sposta su una tematica di purezza/impurità, che è stata associata in particolare al sesso non procreativo, cioè un atto sessuale non idoneo al concepimento di un bambino, ove la prosecuzione della specie è l’unica ragione ammissibile per compiere un atto così intrinsecamente rischioso come il sesso. Tale convinzione si è formata in adolescenza, in occasione di un corso di educazione sessuale interamente incentrato sull’atto procreativo. La conclusione tratta è che qualunque atto sessuale tra due persone dello stesso sesso sia impuro, in quanto inutile per la conservazione della specie, e rischioso in quanto pone la persona a rischio di contrarre malattie, eventualità che poi costituirebbe un’onta su tutta la famiglia di provenienza. Questo, che nel caso di questa persona si colloca all’interno una struttura ossessiva e si sviluppa in un modo piuttosto caratteristico del disturbo ossessivo-compulsivo, è un esempio di omofobia interiorizzata. La grossa difficoltà deriva qui dalla totale mancanza di consapevolezza della persona, convinta che le sue difficoltà derivino da qualche suo difetto intrinseco, incapace senza un valido aiuto di riconoscere l’origine della convinzione ‘contaminante’.

Lavorare sulla consapevolezza dell’origine delle convinzioni disfunzionali è un passo fondamentale. È dunque importante riconoscere che alla base di quella che viene percepita dalla persona come un’incapacita’ di coltivare una relazione, un grande desiderio nel caso di questa persona, c’è una credenza molto forte e radicata, o meglio due credenze ben specifiche;

1. Il sesso è molto pericoloso;

2. Si può giustificare solo date le esigenze di conservazione della specie.

Ne deriva la conseguenza che il sesso tra uomini, in questo caso, sia pericoloso, sbagliato ed impuro.

A questo punto è possibile mettere in discussione queste convinzioni, grazie alla capacità di pensare oggettivamente, aprendo la strada ad un pensiero libero da paure profonde ed irrazionali.

Dott.ssa Valentina Cozzutto
Psicologa Psicoterapeuta a Monza e Brianza


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