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Black out: quando la lampadina si spegne. Come riaccendere la luce?

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Black out: quando la lampadina si spegne. Come riaccendere la luce?

Pensare bene non è la soluzione a tutti i problemi. Ci sono dei casi in cui è fondamentale per stare bene, ma attenzione: anche in tali casi non basta. Lo sottolineo perché l’aspetto cognitivo è sopravvalutato; o forse è quello emotivo ad essere svalutato.

La svalutazione è un fenomeno per il quale a qualcuno, o a qualcosa, viene data meno importanza di quanta ne abbia in realtà.* Siamo abituati a svalutare l’aspetto emotivo. Accade anche, frequentemente, che svalutiamo una specifica emozione mentre ne favoriamo un’altra.

In determinati fenomeni, quali ad esempio il panico, la nostra capacita di pensare va in black out. Per citare qualcuno che ci è passato ed ha trovato il modo di superare il panico, è come se si spegnesse una lampadina. Bisogna riaccenderla, e ricominciare a pensare correttamente, per vedere la situazione reale così com’è, e poter fare una valutazione realistica delle nostre possibilità d’azione. Questa valutazione tuttavia richiede una considerazione in toto del problema che stiamo affrontando. Dobbiamo cioè essere consapevoli di cosa sta accadendo, della sua importanza per noi, delle diverse situazioni collegate al problema, e delle possibilità d’azione. Usualmente lo stimolo che dà il via alla nostra azione è un’impulso emotivo; l’emozione che proviamo ci induce a considerare una serie di azioni ed a sceglierne una. E’ chiaro che, perché tutto fili liscio, devo avere una buona consapevolezza di cosa sto provando, riconoscerne l’importanza in quel momento, considerare le possibilità e dunque i miei corsi d’azione. Quello che sostengo è che spesso le emozioni vengano svalutate; in genere ne viene svalutata l’importanza: quello che provo non è importante, così mi viene insegnato, perciò non devo dare importanza a quest’emozione. Tuttavia, così facendo, perdiamo la motivazione principale ai nostri gesti grandi e piccoli. Nel momento del black out ad esempio, l’emozione prevalente è la paura, e le persone che provano panico desiderano smettere di averne quanto prima, e non averne più. In molti casi, soprattutto tra gli uomini, queste persone sono abituate a sentire molto poco le proprie emozioni; alla domanda ‘Come stai’, rispondono dicendo cosa pensano di se stessi o di quello che gli sta accadendo. Quando siamo così poco avvezzi a dar spazio alle emozioni, facilmente, nel momento in cui irrompono, le avvertiamo come qualcosa di estraneo, ‘fuori controllo’, come se non appartenessero a noi. Ne è testimone l’uso di un’espressione come ‘mi è venuta l’ansia’ o ‘ho un attacco di panico’. Come se l’ansia fosse una una nube che decide di venirmi in testa, una sorta di sfortunato evento, non prevedibile; fuori dal mio controllo, dunque tanto più temibile, perciò provo più paura ancora, e così via. Cosa accade, dunque? Provo una forte emozione, così forte da non poterla ignorare, tuttavia non ne riconosco l’importanza, e questo mi impedisce di analizzare le possibilità a mia disposizione in modo chiaro e risolutivo. Al contempo la percepisco come a me estranea, fuori dal mio controllo, e provo paura. Nel caso in cui però l’emozione originale fosse un’altra, ad esempio la rabbia, o la tristezza, la paura non mi guiderà nella direzione giusta. Le emozioni forniscono motivazione alle nostre decisioni, va da sé che l’emozione sbagliata mi porterà a prendere la scelta sbagliata, col risultato di percepirmi incapace di uscire dalla situazione difficile in cui mi trovo. Ecco dunque perché prendere in esame l’aspetto cognitivo di ciò che ci accade è importante ed in alcuni casi fondamentale, ma non sufficiente.

In terapia il lavoro che porta fuori da questa situazione ingarbugliata passa per una ricerca della situazione conflittuale** che ha scatenato la crisi iniziale. In altre parole, identificare le emozioni sottostanti apre una porta importante su qualcosa su cui porre l’attenzione. Il conflitto genera una forte reazione emotiva. Poter analizzare quello che ci sta accadendo per ciò che realmente è, ci permette di uscire dal circolo vizioso della paura incontrollata, entrare nella situazione conflittuale ed individuare nuove scelte possibili.

*Riporto la definizione di Schiff, in ‘Analisi Transazionale e cura delle psicosi’ (Ed.Astrolabio): “La svalutazione è un meccanismo interno che indice le persone a minimizzare o ignorare aspetti di se stessi, degli altri o della situazione reale.”

**Tali conflitti vengono definiti impasses in Analisi Transazionale, vedi il lavoro di Goulding  (‘Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale’, Ed.Astrolabio), Mellor (‘Impasses, una visione strutturale nell’ottica della dinamica evolutiva’, Neopsiche, 1984).

Dott.ssa Valentina Cozzutto
Psicologa Psicoterapeuta a Monza e Brianza


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